PROBLEMI DI SALUTE: NEONATO
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VACCINAZIONI
Perchè è importante vaccinare i vostri figli?
Il fine principale che abbiamo noi genitori è di far star bene I nostri bambini, farli sopravvivere. Li nutriamo, vestiamo, proteggiamo.
Se i bambini fossero esposti a tutte le malattie a cui erano esposti 50 anni fa, senza la protezione dei vaccini, farebbero la stessa fine dei bambini di allora.
Per esempio, le epidemie di difterite causavano moltissime morti, come anche la pertosse (tosse convulsa). Oggi la gente non sa cosa è la difterite, non ci sono persone con la pertosse. Non si vede più questo fenomeno perche già due generazioni sono state vaccinate e quindi questi organismi non sono più in circolo nell’ambiente, tutti sono immuni alla pertosse.
Poco tempo fa si moriva di meningite causata da meningococco, pneumococco, emofilo influenze, il morbillo, la parotite.
La rosolia uccideva, ma causava anche tanti bambini con gravi deformazioni se la madre contraeva la rosolia durante la gravidanza. Oggi questa cosa non ci sente più perchè le madri sono state vaccinate da bambine, 20-30 anni fa contro la rosolia.
Il batterio del tetano è per terra, sui chiodi arrugginiti. Se entra nella ferita di una persona non vaccinata da sintomi neurologici fino alla morte molto straziante. Quando io ero bambino si sentiva di tanti bambini che morivano di tetano.
La poliomielite deformava tanti bambini nel passato. Solo di morbillo in Italia morivano un migliaio di bambini all’anno.
I vaccini sono la ragione della sopravvivenza di milioni di bambini nel mondo che sarebbero invece morti di queste terribili malattie.
Tabella vaccini
La tabella che puoi scaricare qui sotto è quella consigliata.
I vaccini si fanno al più presto per diminuire I rischi. Fino a quando un bambino non è stato vaccinato, rischia di contrarre la malattia vera e propria.
L’unica ragione per ritardare la vaccinazione è se il bambino è molto malato (“40 di febbre”), se ha una malattia in corso importante (non un raffreddore o una malattia banale).
REFLUSSO
Il cosiddetto reflusso gastro-esofageo è un fenomeno molto frequente nei primi mesi di vita e consiste nel passaggio del contenuto acido dello stomaco verso l’esofago e la bocca in misura molto maggiore di quanto avviene normalmente. Il lattante che soffre di reflusso rigurgita varie volte fra una poppata e l’altra. Spesso ciò accade anche quattro, cinque ore dopo l’ultimo pasto, proprio quando il piccolo appare di nuovo affamato.
Malgrado ciò, sembra stare bene e cresce con regolarità̀. Se il bambino è allattato al seno, ci sarà quasi sicuramente chi attribuirà̀ i sintomi al fatto che la mamma mangia questo o quell’altro cibo e le si consiglia di eliminarlo dalla sua dieta. Siccome però queste misure non portano alcun giovamento, i genitori si preoccupano ancora di più per la persistenza del rigurgito e per il frequente pianto del piccolo e il problema rischia di diventare veramente un assillo.
La verità è che il reflusso gastro-esofageo non si origina dal tipo di latte usato per la sua alimentazione. Dipende invece da un malfunzionamento del cardias, già normalmente un po’ “debole” nei lattanti, che in molti bambini è ancora più incapace di impedire al contenuto gastrico di risalire verso la bocca. Per la maggior parte del tempo, però, il reflusso acido arriva soltanto a metà esofago e poi ritorna nello stomaco. Oppure arriva alla bocca e il piccolo, invece di espellerlo, lo “rumina”, cioè lo rimastica un po’ e poi lo ingoia nuovamente.
Le complicazioni del reflusso
Dal punto di vista della nutrizione, il bambino che soffre di reflusso gastro- esofageo non corre generalmente alcun rischio. Infatti la digestione e l’assorbimento del latte avvengono perfettamente nei piccoli che soffrono di tale disturbo e non impedisce loro di crescere normalmente. I problemi sono altri. Vediamoli.
L’esofagite
Mentre la parete dello stomaco è protetta dall’acido cloridrico prodotto dalla sua mucosa, l’esofago si irrita facilmente al contatto con i succhi gastrici. Se tale contatto avviene con frequenza, come appunto succede nel reflusso gastro-esofageo, l’esofago si infiamma sempre più intensamente e ciò provoca al piccolo un senso di bruciore costante e talvolta degli spasmi dolorosi. Il bambino pertanto piange spesso, come se avesse delle “coliche”, e assume a tratti un’espressione di disgusto, proprio come succede a noi adulti quando sentiamo l’acido salire su dallo stomaco. Inoltre ha il singhiozzo molto spesso, anche dopo ogni poppata. Si dice in questo caso che il piccolo ha un’esofagite. Nei casi più gravi l’infiammazione può approfondirsi nella parete dell’esofago, causandovi un’ulcera, che può lasciare una cicatrice e provocare un restringimento.
Complicazioni respiratorie
Un pericolo serio che corrono i lattanti affetti da reflusso gastro-esofageo è quello dell’inalazione del rigurgito. Infatti il latte inacidito, salendo verso la bocca, può finire nella laringe (che è all’imbocco della trachea) e poi nella trachea stessa e perfino nei bronchi. Se questo accade, il piccolo viene assalito da crisi violente di tosse e può anche sviluppare bronchiti e talvolta polmoniti, che si manifestano con febbre e difficoltà respiratoria. Tuttavia il pericolo più grave che corre un bambino in queste circostanze è la possibilità, fortunatamente molto rara, di un arresto della respirazione. Questo si verifica a volte per un riflesso che si può scatenare in un lattante quando un corpo estraneo, anche piccolo, entra nella trachea. Generalmente però, il rigurgito arriva solo nella laringe e causa una tossetta stizzosa che può persistere a lungo nei bambini affetti da reflusso, che finiscono per essere erroneamente dichiarati “allergici” a causa di questo sintomo.
Come si cura il reflusso gastro-esofageo
Fare la diagnosi di reflusso gastro-esofageo per un pediatra non dovrebbe essere molto difficile, perché i sintomi sono di solito molto eloquenti di per sé. Contrariamente a quanto molti miei colleghi e specialisti affermano, una lunga esperienza mi ha insegnato che solo di rado è necessario usare mezzi come l’ecografia o la phmetria. Basta mettere insieme i sintomi che ho descritto e valutare la sofferenza che il bambino sembra esprimere, per fare non solo la diagnosi, ma avere una buona idea della serietà̀ del disturbo e decidere la terapia.
Questa consiste in tre misure terapeutiche, tutte essenziali per la riuscita:
- Se il bambino è ancora allattato al seno, sarebbe bene continuare questo tipo di allattamento esclusivamente il più a lungo possibile, perché il latte materno si acidifica meno e, quando torna su verso l’esofago, ha effetti molto meno dannosi del latte artificiale.
- Se invece il piccolo è alimentato con latte artificiale, offrire al piccolo prevalentemente cibi solidi. Il latte stesso deve essere addensato molto, fino alla consistenza di uno yogurt con crema di riso o di mais e tapioca. È più difficile infatti che dei cibi solidi risalgano liberamente dallo stomaco verso l’esofago, come succede al latte liquido.
- Somministrazione di un antiacido contenente idrossido d’alluminio e magnesio (magaldrato) per tutto il tempo che sembra necessario, anche per molti mesi. Nei casi più refrattari a questi farmaci si può aggiungere un “inibitore di pompa protonica” come il lanzoprazolo.
Usualmente queste cure sono molto efficaci e riducono la frequenza dei rigurgiti e, soprattutto, il dolore e i rischi di inalazione. Il disturbo ha comunque un’evoluzione spontanea e guarisce usualmente entro i primi due anni di vita.
(Estratto da: Curare tuo figlio)
LUSSAZIONE DELL’ANCA
La lussazione congenita dell’anca si verifica quando la testa del femore sin dalla nascita sguscia fuori con facilità dalla nicchia del bacino che normalmente la ospita e cioè dall’acetabolo.
Ciò determina un pericolo grave che è quello di una progressiva e permanente deformazione della testa del femore da una parte e dell’acetabolo dall’altra, se il problema non è corretto precocemente.
La lussazione dell’anca era molto più comune nel nostro Paese parecchi decenni addietro, quando i lattanti venivano fasciati strettamente con il corpo e le gambe dritti, come delle mummie, posizione che favoriva nettamente il problema. Ora che i neonati hanno le gambe libere, l’anomalia è diventata una rarità. C’è un test, chiamato la manovra di Ortolani, che già nelle prime visite neonatali permette al pediatra di fare la diagnosi di questo difetto. Consiste nel divaricare le cosce del piccolo e allo stesso tempo fletterle verso la sua pancia, facendogli assumere un po’ la posizione di una rana.
Se durante questo movimento il pediatra percepisce distintamente una sensazione e un rumore di scatto al livello dell’anca, il sospetto di lussazione congenita è giustificato e va confermato con l’ecografia. Nel nostro Paese oggi molti consigliano l’ecografia delle anche per tutti i neonati, consuetudine che, se da una parte permette di fare la diagnosi senza possibilità di errore, d’altra parte è ritenuta ingiustificata in molti altri paesi, dove si bada un po’ di più ai costi della medicina.
Se la diagnosi è confermata da questo esame, il bambino deve essere visitato da un ortopedico che prescriverà la cura più opportuna, consistente nel tenere le cosce del bambino divaricate con espedienti più o meno invasivi. Nei casi più lievi si ricorre in genere all’uso di un doppio pannolino da far indossare al piccolo per alcuni mesi. Nei casi più accentuati invece l’ortopedico applica al bambino un divaricatore fisso fino alla guarigione completa del difetto.
È frutto di pura fantasia il consiglio che alcuni genitori ricevono di non far mettere il loro bambino in piedi neanche per brevissimo tempo prima dei sette, otto mesi per evitare di procurargli la lussazione dell’anca. Come abbiamo già detto, invece, ammesso che non vi siano segni di lussazione confermati dall’ecografia, anche a poche settimane di vita i bambini che lo desiderino possono stare in piedi per tutto il tempo che vogliono senza alcun rischio. Per lo stesso motivo ai piccoli che si divertono a sgambettare nel girello si può permettere di restarci liberamente sin dai sei mesi, sempre senza rischi, ignorando i commenti di persone che ripetono cliché come “gli si rovinano le gambe!”, o “gli verrà la lussazione dell’anca”. Questa gabbietta a rotelle in verità permette al piccolo di muoversi rapidamente e di esplorare l’ambiente con piacere, lasciando alla mamma le mani libere per altri compiti. Solo se in casa esistono scale facilmente accessibili fra un piano e l’altro , il girello può diventare molto pericoloso per le cadute che può provocare. Negli Stati Uniti in cui le case a più livelli sono comuni, ne è stato deciso il ritiro dal commercio a causa dei molti gravi incidenti che vi si sono verificati.
(Estratto da: Curare tuo figlio)
PISELLINO NON SI APRE
“Non bisogna mai tentare di aprire il prepuzio con manovre manuali…”.
La pelle che copre la punta del pisellino, il prepuzio, alla nascita è fornita di un’apertura molto stretta ed è fortemente incollata alla punta del pene, cioè al glande. Quest’ultimo è dunque quasi completamente invisibile alla nascita e lo resta in genere da qualche mese fino ad almeno il primo anno di vita.
Lentamente l’apertura del prepuzio si va allargando e le aderenze con il glande si distaccano, così che quest’ultimo emerge a poco a poco dalla sua “prigionia”. Affinché questo processo si completi ci vogliono da alcuni mesi ad alcuni anni, talvolta anche fino a dieci. Bisogna sapere poi che fra il prepuzio e il glande si forma normalmente una secrezione densa e biancastra, il cosiddetto smegma. Questo, non avendo inizialmente uno sbocco all’esterno, si accumula qua e là formando dei bozzetti biancastri, le “cisti smegamtiche”, che sporgono ai lati della punta del pisellino, sotto la pelle. È proprio l’accumulo dello smegma fra pelle e glande che, agendo come un cuneo, favorisce il distacco spontaneo a cui ho accennato sopra.
Talvolta la secrezione può infettarsi e dar luogo alla formazione di pus fra glande e prepuzio. Tale infezione, chiamata balanopostite, si manifesta con prepuzio con gonfiore e arrossamento della punta del pisellino. La balanopostite dà un dolore intenso che si accentua alla pressione o quando il piccolo fa la pipì. Quasi sempre l’infezione guarisce spontaneamente con la fuoriuscita di un po’ di pus e sangue dalla punta del pisellino.
Anche delle infiammazioni banali dell’area coperta dal pannolino, dovute all’azione della pipì o delle feci, possono provocare un leggero rigonfiamento del prepuzio proprio intorno alla sua apertura, così che questa risulta temporaneamente più stretta. Quando l’infiammazione si attenua, tutto ritorna come prima e la pelle continua ad allargarsi progressivamente.
Insomma, se i genitori si limitano a osservare un’igiene normale, cioè a lavare giornalmente i genitali del piccolo, senza forzarne l’apertura, nella quasi totalità dei bambini la scopertura del glande avviene spontaneamente. È abbastanza raro che si debba intervenire chirurgicamente perché questo processo non si è completato entro i primi dieci anni.
È del tutto ingiustificato, dunque, fare manovre di apertura manuale più o meno forzate del prepuzio, che spesso sono anche controproducenti. Infatti, in queste manovre, si possono determinare sul bordo del prepuzio delle ferite minuscole che, cicatrizzandosi, irrigidiscono l’apertura e rendono poi l’intervento inevitabile.
(Estratto da: Curare tuo figlio)
LE PICCOLE LABBRA SI INCOLLANO (SINECHIE)
Qualche mamma, con uno spirito di osservazione molto acuto, ogni tanto mi fa notare che le piccole labbra della sua bambina sono “fuse” insieme. Lasciano aperto solo un buchino dal quale può fuoriuscire la pipì.
Ebbene l’aderenza delle piccole labbra fra di loro è un fenomeno frequentissimo, anche se non è sempre così evidente.
Anch’esso, come le vulviti, è dovuto alla carenza di estrogeni nella prima infanzia. Anche questo fatto, però, come l’aderenza dei prepuzio al glande nei maschietti, non richiede alcuna cura o attenzione particolare, a parte una normale igiene quotidiana.
L’incollamento delle piccole labbra scompare spontaneamente entro i primi anni di vita.
(Estratto da: Curare tuo figlio)
INFEZIONI URINARIE VERE E FALSE
Le infezioni delle vie urinarie nel primo anno di vita hanno di solito un significato molto più importante che in età adulta.
Dato che il piccolo non può riferire dei sintomi che permettono di orientarsi sulla diagnosi, i genitori rimangono spesso interdetti quando il pediatra la sospetta, magari solo sulla base di una febbre apparentemente ingiustificata.
Il fatto è che un lattante, affetto da un’infezione urinaria presenta solo dei sintomi generici:
- il più delle volte ha la febbre alta;
- perde appetito;
- È abbattuto rispetto al solito;
- se l’infezione non è diagnosticata e curata, o ricorre spesso a lungo andare non cresce adeguatamente;
- specialmente i più piccoli, possono presentare vomito e diarrea che confondono le idee e fanno pensare a un’infezione gastrointestinale.
Il sospetto dunque, nasce per eliminazione. Le notizie ottenute dai genitori, la visita e qualche test molto semplice permettono di escludere altre infezioni, essenzialmente perché in queste di solito si verificano segni “locali”, che denunciano la sede del disturbo.
A questo punto, c’è una buona probabilità che i sintomi di infezione provengano dall’apparato urinario e un paio di test permettono di confermarlo.
E qui non bisogna incappare in errori tecnici, perché non ci si può permettere di rimanere con dei dubbi sull’effettiva esistenza di un’infezione urinaria in un lattante. Se c’è, va curata immediatamente con un antibiotico e si deve poi procedere agli accertamenti per individuare eventuali anomalie del sistema urinario che siano sfuggite agli esami “morfologici” in gravidanza.
È essenziale tener presente che il ripetersi di infezioni urinarie con febbre alta può causare danni progressivi e irreversibili al rene colpito e che, dal primo episodio in poi si deve vigilare per cogliere e curare immediatamente eventuali ulteriori infezioni.
(Estratto da: Curare tuo figlio)
SINDROME DEL SECONDOGENITO E RAFFREDDORI FREQUENTI
SINDROME DEL SECONDOGENITO E I RAFFREDDORI FREQUENTI
Tutte le infezioni virali delle vie respiratorie descritte finora, con le loro complicazioni batteriche, raggiungono il massimo della frequenza dal momento in cui il bambino comincia ad andare al nido o all’asilo. Questo perché le occasioni di contatto con gli altri bambini aumentano in maniera esponenziale e aumenta così la possibilità di contrarre dei virus.
È calcolato che un bambino che va all’asilo il primo anno può prendersi una nuova infezione virale respiratoria ogni settimana e ciò spiega perché il suo nasino non finisce mai di colare e la tosse non si ferma mai: mentre sta per guarire da un’infezione, ne inizia un’altra, che si accavalla alla precedente.
Questa situazione, che i pediatri statunitensi hanno giustamente chiamato “sindrome da asilo”, è praticamente inevitabile e in genere non crea alcun rischio serio alla salute del bambino.
Perciò la mia raccomandazione ai genitori che mi consultano esasperati dalla lunga sequela di malanni è di non fare troppo caso al naso che cola, alla tosse e alla febbre periodica: sono sintomi che scompariranno mano a mano, lasciando un’immunità che permetterà poi al piccolo di frequentare la scuola vera senza fare troppe assenze per malattia. Insomma, è una “tassa da pagare per diventare membri della comunità” .
È facile capire come un secondogenito, che nasce al momento in cui il primo ha già cominciato a frequentare l’asilo, sia esposto a tutte le malattie che il fratello porta a casa e perciò ne ha sempre una anche lui. Con l’aggravante che egli è più piccolo e più vulnerabile alle possibili complicazioni, specialmente la bronchiolite, la bronchite e l’otite. Personalmente ho definito questa situazione la “sindrome del secondogenito”, problema che, aggiungendosi a quello del primogenito, può provocare grossi grattacapi a tutta la famiglia.
Le uniche armi che si possono usare per contrastare questi inconvenienti sono quelle della prevenzione e della cura delle complicazioni, aspettando pazientemente che la “bufera” passi. E la prevenzione migliore consiste nell’effettuare tutte le immunizzazioni raccomandate, particolarmente quelle contro lo pneumococco (responsabile di una buona parte delle otiti, bronchiti e polmoniti di questo periodo) e quella antinfluenzale.
Per quei bambini che, malgrado ogni precauzione, si ammalano troppo spesso di otite media e/o di bronchite e rischiano danni rilevanti, esiste un rimedio a cui ho già accennato e che consiste nella profilassi con piccole dosi quotidiane di sulfamidici o di antibiotici per alcuni mesi.
STITICHEZZA E DIARREA
FECI DI UN NEONATO
Il muco intestinale (che serve a proteggere l’intestino) e le scorie (le parti non assorbite dopo la digestione, di alimenti puri e liquidi come il latte), compongono le feci di un neonato.
Nel caso del latte materno le feci sono semiliquide ed eliminate in maniera rapida anche dopo ogni poppata (quindi anche 7 volte al giorno). Questo può provocare delle leggere irritazioni intorno all’ano, che comunque si risolvono rapidamente con dei trattamenti locali.
Le scorie del latte artificiale invece tendono a solidificarsi, diventando più pastose ed a fare un percorso di evacuazione più lento, 2/3/4 volte al giorno.
Episodi di Stitichezza
Può succedere ogni tanto che un bambino, per nervosismo e maggiore tensione, possa non evacuare per 4/5 giorni.
Nel neonato allattato al seno le feci comunque rimarranno semiliquide ed il bambino non farà fatica ad evacuare dopo questo periodo. Non è necessario quindi intervenire.
Invece, nel neonato allattato artificialmente, le feci tendono a diventare dure se non espulse per un periodo di qualche giorno. In questo caso l’eventuale evacuazione può provocare dolore e l’ano è soggetto a piccole spaccature soprattutto se già irritato.
Il neonato si ricorderà di questa dolorosa esperienza e questo può portare il bambino a trattenere le feci per evitare di ripeterla. Alcuni bambini possono trattenere le feci anche per 10 giorni e oltre, se non si interviene.
In questi casi la stitichezza può diventare un problema medico, in quanto nel tempo si possono formare (nei bambini più grandi) dei fecalomi che poi diventano scibale che sono dure come sassi.
È importante intervenire presto se si nota che il neonato inizia a trattenere le feci per 6/7 giorni. Questo causa sofferenza, quindi e necessario aiutarlo.
I lassativi risolvono il problema ma danno assuefazione e possono loro stessi causare irritazione locale. Oggi si utilizzano degli ammorbidenti delle feci (come il macrogol o il lattulosio) che possono risolvere il problema senza effetti collaterali, ma che ci mettono del tempo, anche 7/10 giorni a funzionare. È assolutamente necessario avere pazienza.
Nel momento in cui il colon si è svuotato la prima volta da questi ammassi fecali il bambino non riprende automaticamente ad avere delle abitudini normali. E’ quindi necessario continuare con l’ammorbidente per il tempo necessario (anche per mesi) per tornare definitivamente alla normalità.
Cause della stitichezza
Lo stimolo all’evacuazione non è altro che il riflesso del retto che si riempie fino al punto da venire stimolato a contrarsi e ad evacuare. Il problema è che lo stimolo avviene in maniera naturale mentre l’essere umano tende a trattenerlo per farla al ‘momento giusto’. In questo modo il bambino spesso impara a trattenerle anche quando non dovrebbe e le feci si induriscono.
L’alimentazione non è mai ciò che rende le feci più dure. Al massimo ci sono dei cibi con più fibre che aumentano il volume delle feci (ma comunque non le rendono più dure). Il cambio di alimentazione non è né la soluzione né la causa della stitichezza neonatale.
Il reflusso
Una delle cause della stitichezza è il reflusso. In questo caso il bambino ha dolori e fastidi addominali ed intestinali e tende a trattenere le feci per questa ragione.
Malattia del megacolon congenito
Raramente il colon è malformato verso la fine, dove vi è una piccola parte che non permette la normale peristalsi (movimento delle feci verso l’ano), una sorta di anello quasi insuperabile. Questo “anello” fa si che le feci si accumulino.
Inizialmente questi bambini sono considerati normalmente stitici ma il fatto che non abbiano mai lo “stimolo” deve essere un campanello di allarme. Sono necessarie delle biopsie per verificare se nel colon esiste la mancanza di cellule gangliari, che sono quelle con capacità neuromuscolari per la contrazione e l’evacuazione.
Questa patologia si chiama megacolon poiché’ se trascurata il colon diventa enorme, con conseguenze gravi.
Bambino durante lo svezzamento
L’unica differenza è come cambiano le feci. In quelle durante e dopo lo svezzamento le scorie diventano più riconoscibili. Si vedranno dei pezzettini di cibo. Questa significa che il bambino non ha digerito tutto ciò che ha mangiato, ed è una situazione assolutamente normale.
L’alimentazione solida produce delle feci più solide di quella da latte materno, ma non di quella da latte artificiale.
La dissenteria/ diarrea
E’ normale ogni tanto che i neonati abbiano delle feci liquide, fino a sei-sette volte al giorno.
Se non diventano più frequenti e non sono accompagnate da febbre/ vomito e malessere generale non c’è nulla da temere o da fare.
Quando invece il neonato ha più scariche acquose (oltre le 5/6) al giorno accompagnate da malessere, ed altri sintomi quali febbre e/o vomito potrebbe avere una gastroenterite, cioè un’infiammazione virale dell’intestino che solitamente dura 2/3 giorni e guarisce spontaneamente.
Quello che si può fare per il neonato e dargli liquidi (solitamente delle soluzioni saline apposite per la reidratazione) in piccole quantità, molto spesso.
In alcuni casi invece l’infezione è batterica e quindi servono degli antibiotici, regolarmente
prescritti dal medico.
Video
In questi video troverete degli approfondimenti sull’argomento.
ALLERGIE E INTOLLERANZE AL CIBO, GASTROENTERITE, RISCHIO DI DISIDRATAZIONE AL CIBO
Le allergie alimentari sono molto più rare di quanto i pediatri qui da noi facciano pensare ai genitori. Si calcola che soltanto il 2 o 3 per cento dei bambini è affetto da questo problema e, nella maggior parte dei casi l’allergia si limita ad un solo alimento.
Purtroppo però nel nostro Paese si è affermata una consuetudine dei pediatri a diagnosticare questo problema con criteri che portano a sacrificare inutilmente moltissimi bambini. Dire da parte di un medico che un bambino “non cresce bene” capita molto spesso qui da noi, anche quando da un punto di vista obbiettivo ciò non è vero.
Mi capita in continuazione di vedere bambini che sono stati definiti “sottopeso” e che invece sono perfettamente sani e ben nutriti. Se si vuole davvero capirci qualcosa, bisogna partire innanzitutto dall’idea che la crescita di un bambino non deve essere valutata soltanto con la bilancia.
Diete senza motivo
Personalmente non faccio altro che liberare (sì, liberare!) piccoli che sono stati messi a dieta per mesi senza alcun motivo scientifico valido.
E questo è poco. Alcuni mesi fa si è rivolta a me una famiglia estremamente provata per il fatto che il loro bambino di quasi due anni era stato tenuto a digiuno per alcuni giorni perché, a detta dei medici di un ospedale di provincia, era affetto da intolleranze alimentari gravi.
Questa diagnosi era stata fatta perché il bambino, dopo una gastroenterite virale contratta a sei mesi, aveva continuato a manifestare alcune scariche liquide al giorno.
Malgrado una dieta strettissima non avesse migliorato questo sintomo, il poveretto era stato considerato comunque “intollerante” e la sua alimentazione era stata ristretta sempre più, fino alla decisione di sottoporlo, senza che si fosse mai fatta una diagnosi fondata, ad una alimentazione “parenterale”, cioè attraverso una cannula introdotta in una grossa vena.
Questo tipo di alimentazione, però, non riesce mai a dare una quantità di cibo sufficiente per una normale crescita, per cui il bambino, che veniva trattato in tal modo ormai da un paio di mesi, aveva un aspetto simile a quello di un piccolo gravemente malnutrito del terzo mondo.
La difficoltà di convincere i genitori
Ho fatta moltissima fatica a convincere i genitori che il piccolo non aveva un’intolleranza e che sarebbe stato giusto ridargli da mangiare per bocca. Essi erano così spaventati e traumatizzati che ho dovuto lavorare con molta delicatezza per incoraggiarli a ridar da mangiare al piccolo una dieta normale per la sua età.
Il risultato è che, dopo poche settimane è stato possibile asportare la cannula dell’alimentazione parenterale e che adesso il bambino mangia tutto e cresce normalmente.
Pensate a quanta sofferenza è stata inflitta inutilmente a questo bambino e alla sua famiglia per seguire un concetto di allergia o intolleranza che non ha uguali nel mondo.
Se il vostro bambino ha subito la diagnosi di allergia o intolleranza “multipla”, cioè a più alimenti contemporaneamente, non vi arrendete: molto probabilmente non ha alcun disturbo legato ai cibi, ma sintomi spiegabili altrimenti.
ERUZIONI CUTANEE COMUNI: ACNE NEONATALE
Dalla terza, quarta settimana fino ai due mesi circa molti lattanti presentano un’eruzione sulle guance che, per la sua somiglianza con l’acne degli adolescenti, è chiamata acne neonatale.
Essa viene spesso attribuita a un’intolleranza al latte, persino a quello materno. Invece, questo fenomeno non ha niente a che fare con il tipo di alimentazione ed è invece causato dalla scomparsa degli ormoni materni (passati dalla placenta) dal suo organismo, cosa che determina una situazione analoga alle variazioni ormonali dell’adolescenza.
(Estratto da: Curare tuo figlio)
PROBLEMI VERI DELLA PELLE: LA DERMATITE ATOPICA
La pelle secca, ruvida che si desquama un pò di più rispetto al normale è una pelle delicata che ha una produzione minore di grassi e di sebo, per cui tende a seccarsi facilmente, e disseccandosi, tende a diventare un po pruriginosa, tanto che i bambini che hanno questo tipo di pelle, tendono a grattarsi provocandosi anche lesioni o infezioni della pelle.
Quindi la cosiddetta dermatite atopica è usualmente il problema cutaneo della pelle che è mancante di quei fattori che la mantengono ben idratata, cioè il grasso cutaneo, che permette alla pelle di non disseccarsi e di non avere un’evaporazione eccessiva.
E’ vero che un bambino che ha questo problema ha una maggiore possibilità anche di avere delle allergie respiratorie ma non è automatico, e la dermatite atopica non è di per se un problema allergico, in quanto non è causato da un cibo o da una sostanza in particolare, ma è proprio una caratteristica della pelle che si irrita perché diventa troppo secca, si desquama, e spinge il bambino a grattarsi.
Quello che consiglio di fare è di usare delle creme o dell’olio di vaselina per compensare il sebo insufficiente aspettando che diventando più grande questa cosa scompaia spontaneamente.
INFEZIONI URINARIE, LA PIELECTASIA E LE CALICECTASIE E LE MALFORMAZIONI URINARIE VERE
Le infezioni delle vie urinarie nel primo anno di vita hanno di solito un significato molto più importante che in età adulta. Dato che il piccolo non può riferire dei sintomi che permettono di orientarsi sulla diagnosi, i genitori rimangono spesso interdetti quando il pediatra la sospetta, magari solo sulla base di una febbre apparentemente ingiustificata.
Il fatto è che un lattante, affetto da un’infezione urinaria presenta solo dei sintomi generici:
- il più delle volte ha la febbre alta;
- perde appetito;
- È abbattuto rispetto al solito;
- se l’infezione non è diagnosticata e curata, o ricorre spesso a lungo andare non cresce adeguatamente;
- specialmente i più piccoli, possono presentare vomito e diarrea che confondono le idee e fanno pensare a un’infezione gastrointestinale.
Quando si sospetta un’infezione urinaria nei lattanti, l’analisi semplice delle urine non basta per confermarla o escluderla. C’è sempre bisogno della cosiddetta urinocoltura, per individuare esattamente il germe responsabile. Sul responso del laboratorio spesso si legge che “si sono sviluppate colonie di Escherichia Coli … “. Ebbene, questo germe è proprio il più comune responsabile delle infezioni urinarie nei bambini. Attenzione, però, perché c’è la contaminazione a confondere le idee. Infatti durante la raccolta delle urine, soprattutto di un lattante, spesso nel contenitore vanno a finire dei germi presenti sulla pelle intorno al forellino di uscita della pipì. Questi, crescendo nel terreno di coltura, danno una falsa positività.
Ciò accade molto più facilmente quando le urine vengono raccolte con le bustine di plastica applicate con un adesivo intorno ai genitali.
Eppure, come abbiamo visto, è essenziale sapere con certezza se c’è un’infezione o se invece i germi trovati sono il risultato di contaminazione. Perciò, quando il metodo della bustina dà risultati positivi, per evitare di curare il bambino inutilmente, è necessario ripetere l’urinocoltura.
Talvolta, quando non si può essere certi dei risultati ottenuti con il metodo della bustina, è preferibile prelevare il campione con un catetere, o con la cosiddetta puntura sovrapubica. Quest’ultima consiste nell’aspirare l’urina direttamente dalla vescica con un ago introdotto nella parte più bassa del pancino, dopo aver disinfettato accuratamente la pelle, ottenendo così un campione sicuramente non contaminato da germi esterni. Quando si conosce il tipo di germe che causa l’infezione, attraverso l’antibiogramma si possono scegliere gli antibiotici che lo combattono più efficacemente.
Le malformazioni urinarie
La malformazione più seria consiste in una ostruzione delle vie urinarie, che si può verificare a qualsiasi livello. I punti più colpiti sono la giunzione fra il bacinetto e l’uretere e le valvole vescico-ureterali. Un’altra sede comune di ostruzione è l’uretra, all’uscita dalla vescia, anomalia che colpisce quasi esclusivamente i maschi. Nei primi due casi il flusso dell’urina viene interrotto solo dal lato colpito, mentre nel terzo caso è bloccato dalla vescica in su. L’ostruzione provoca una dilatazione delle vie urinarie “a monte”, fino al idronefrosi, che vuol dire letteralmente “rene pieno d’acqua”, talvolta così imponente da conferire al rene un volume doppio o triplo di quello normale. idronefrosi ostruzione valvola vescico ureterali
Le ecografie eseguite in gravidanza e specialmente quella “morfologica” rivelano la maggior parte di queste malformazioni e rendono possibile un intervento tempestivo, anche immediatamente dopo la nascita, su qualsiasi patologia che possa provocare danni gravi ai reni.
Nei primi mesi di vita, l’ecografo permette di seguire l’evoluzione di anomalie minori, come lievi dilatazioni del bacinetto o dei calici renali, scoperte in gravidanza. Le ostruzioni delle vie urinarie predispongono a infezioni ricorrenti e causano sempre un forte aumento di pressione contro il rene e pertanto vanno corrette chirurgicamente al più presto.
Il reflusso vescico-ureterale Il reflusso vescico-ureterale (cioè il ritorno di urina dalla vescica verso l’alto in direzione dei reni) è dovuto a una anomalia delle valvole vescico-ureterali, che rimangono troppo aperte da uno o da tutti e due i lati. L’ecografia non è in grado di mettere in evidenza questo problema. Così, quando lo specialista ne sospetta la presenza, ricorre alla cistografia, esame che consiste nell’introduzione nella vescica di un liquido di contrasto, che viene poi seguito con i raggi X, per scoprire se risale negli ureteri verso il rene.
La presenza di un forte reflusso è considerata da molti specialisti come un fattore che predispone a infezioni ricorrenti del rene (pielonefriti) e che deve pertanto essere corretta con un intervento chirurgico. Altri specialisti non ritengono vi sia una relazione diretta tra reflusso e infezioni. Perciò consigliano di attendere che, come accade di solito, il reflusso scompaia spontaneamente, vigilando soltanto per scoprire e curare tempestivamente eventuali infezioni. Le pielonefriti Le infezioni più gravi delle vie urinarie sono le pielonefriti, che sono localizzate nel bacinetto e nei calici e perciò coinvolgono il rene stesso.
Queste infezioni sono sempre accompagnate da febbre molto elevata ed è perciò improbabile che sfuggono alla diagnosi. Se non sono curate con sollecitudine, possono danneggiare il tessuto renale, e, nel caso si ripetano numerose volte senza cure, il rene può essere sostituito per buona parte dal tessuto cicatriziale e perdere la sua funzione irrimediabilmente. Esiste una tecnica, la scintigrafia renale, la più sensibile a precisare il danno al rene causato da queste infezioni. Si pratica iniettando una sostanza chimica radioattiva (la dose di radiazione è minore di quella di una sola radio
Le pielonefriti
Le infezioni prose volte senza cure, il rene può essere sostituito per buona parte dal tessuto cicatriziale e perdere la sua funzione irrimediabilmente. Esiste una tecnica, la scintigrafia renale, la più sensibile a precisare il danno al rene causato da queste infezioni. Si pratica iniettando una sostanza chimica radioattiva (la dose di radiazione è minore di quella di una sola radiografia) che si concentra solo nel rene. Un apparecchio capta le radiazioni e delinea l’immagine dell’organo, mettendo in evidenza le parti eventualmente non funzionanti. Questo tipo di informazione è essenziale per decidere la maggiore o minore aggressività degli accertamenti e delle cure per prevenire ulteriore danno. Se un bambino nel primo anno di vita presenta una febbre alta e persistente non accompagnata da altri sintomi, è possibile che abbia una pielonefrite ed è sempre opportuno eseguire un’analisi delle urine e un’urinocoltura per accertarlo.
Se il pediatra sospetta fortemente questa infezione, per evitare danni, di solito inizia la terapia antibiotica anche prima di sapere il risultato di queste analisi. Se i risultati confermano il sospetto, la cura antibiotica è completata e, dopo un intervallo di alcuni giorni, l’urinocoltura ripetuta per appurare l’avvenuta guarigione. Inoltre, anche se il bambino non presenta più febbre, si procede di solito a ripetere le analisi periodicamente, in modo da cogliere e curare tempestivamente eventuali recidive dell’infezione. Nel caso queste si verifichino ripetutamente, gli specialisti consigliano abitualmente una profilassi (cura preventiva) con un antibiotico o un sulfamidico da somministrare in piccole quantità per vari mesi. In presenza di un reflusso vescico-ureterale, da molti considerato un fattore predisponente di questi eventi, viene spesso consigliato l’intervento per correggere l’anomalia.
(Estratto da: Curare tuo figlio)