CRESCITA E SVILUPPO
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VACCINAZIONI
Perché è importante vaccinare i vostri figli?
Il fine principale che abbiamo noi genitori è di far star bene I nostri bambini, farli sopravvivere. Li nutriamo, vestiamo, proteggiamo.
Se i bambini fossero esposti a tutte le malattie a cui erano esposti 50 anni fa, senza la protezione dei vaccini, farebbero la stessa fine dei bambini di allora.
Per esempio, le epidemie di difterite causavano moltissime morti, come anche la pertosse (tosse convulsa). Oggi la gente non sa cosa è la difterite, non ci sono persone con la pertosse. Non si vede più questo fenomeno perché già due generazioni sono state vaccinate e quindi questi organismi non sono più in circolo nell’ambiente, tutti sono immuni alla pertosse.
Poco tempo fa si moriva di meningite causata da meningococco, pneumococco, emofilo influenze, il morbillo, la parotite.
La rosolia uccideva, ma causava anche tanti bambini con gravi deformazioni se la madre contraeva la rosolia durante la gravidanza. Oggi questa cosa non ci sente più perché le madri sono state vaccinate da bambine, 20-30 anni fa contro la rosolia.
Il batterio del tetano è per terra, sui chiodi arrugginiti. Se entra nella ferita di una persona non vaccinata da sintomi neurologici fino alla morte molto straziante. Quando io ero bambino si sentiva di tanti bambini che morivano di tetano.
La poliomielite deformava tanti bambini nel passato. Solo di morbillo in Italia morivano un migliaio di bambini all’anno.
I vaccini sono la ragione della sopravvivenza di milioni di bambini nel mondo che sarebbero invece morti di queste terribili malattie.
Tabella vaccini
La tabella che puoi scaricare qui sotto è quella consigliata.
I vaccini si fanno al più presto per diminuire I rischi. Fino a quando un bambino non è stato vaccinato, rischia di contrarre la malattia vera e propria.
L’unica ragione per ritardare la vaccinazione è se il bambino è molto malato (“40 di febbre”), se ha una malattia in corso importante (non un raffreddore o una malattia banale).
ALLATTAMENTO AL SENO
ALLATTAMENTO AL SENO
La ricerca negli ultimi decenni ha dimostrato che esistono vantaggi numerosi e decisivi dell’allattamento materno rispetto a quello artificiale, e non solo per il bambino. Innanzitutto è risaputo che il latte materno è il migliore in assoluto per alimentare il neonato e farlo sviluppare fisicamente nella maniera più armoniosa.
Per esempio il bambino allattato al seno, pur ben nutrito, aumenta di meno in peso rispetto a quello allattato artificialmente, correndo così un minore pericolo di sviluppare in seguito il sovrappeso o l’obesità.
Poi è dimostrato che il latte umano, attraverso il suo contenuto di anticorpi e di cellule “immunocompetenti”, protegge da alcune infezioni, come la gastroenterite, la bronchite, l’otite, la meningite ed altre affezioni meno comuni. Alcuni ritengono poi che persino il pericolo di morte bianca, o dello sviluppo di alcune allergie, o di diabete sia minore nei lattanti al seno, sebbene in questi casi l’evidenza sia un po’ più debole. Incerte sono anche le prove della dichiarata capacità del latte materno di favorire persino lo sviluppo dell’intelligenza.
D’altra parte esistono vantaggi dell’allattamento anche per la madre. Per esempio, subito dopo il parto la suzione del bambino stimola il rilascio di ossitocina, un ormone che stimola la contrazione dell’utero, rendendo meno probabili le emorragie durante il puerperio. Inoltre favorisce una più rapida ricalcificazione delle ossa demineralizzatesi durante la gravidanza, diminuendo il rischio di osteoporosi e di fratture del femore in età avanzata. Una madre che allatta poi ha meno probabilità di contrarre alcuni tipi di cancro, come quello delle ovaie e quello precoce del seno. Infine l’allattamento ritarda l’ovulazione, agendo così, almeno in parte, come un contraccettivo naturale.
Ci sono pochissime eccezioni in cui il latte materno è controindicato per motivi medici:
- Una rara malattia metabolica chiamata galattosemia, nella quale il lattosio, zucchero presente in tutti i tipi di latte animale, provoca gravi danni all’organismo.
- Se la madre è affetta da tubercolosi o da AIDS
- Se la madre usa sostanze stupefacenti
Quasi tutti i medicinali possono essere assunti dalla madre che allatta senza rischi importanti per il neonato. Per esempio, gli antibiotici sono di solito consentiti, come lo sono gli antidepressivi, che molte madri sono costrette a prendere per un certo periodo dopo il parto. E’ necessario interrompere l’allattamento al seno, invece, se la madre deve essere curata con isotopi radioattivi, con la chemioterapia, o con gli antitiroidei.
Comunque, in caso di dubbio sulla tossicità di un medicinale per il lattante, è sempre opportuno rivolgersi allo specialista di allattamento al seno (lactation consultant) per farsi guidare. In ultima analisi è importante tenere presente che, sebbene i sostituti artificiali del latte materno siano oggi adeguati e sicuri, ci sono ragioni più che sufficienti perché vengano considerati un ripiego e adottati solo nella reale impossibilità di allattare al seno.
ALLATTAMENTO ARTIFICIALE
ALLATTAMENTO ARTIFICIALE
Quando la mamma non allatta al seno, può contare oggi su una gamma di “formule” artificiali che, dal punto di vista nutritivo, sostituiscono adeguatamente quello materno. Questi prodotti sono usualmente dei derivati del latte vaccino, modificato in modo da simulare la composizione del latte di donna.
Perché il latte vaccino non va
Il latte di mucca così com’è, infatti, non è adatto al neonato umano. Innanzitutto contiene proteine e sali minerali in quantità eccessive rispetto alla capacità del suo rene di eliminarne le scorie. E il rischio sarebbe che queste sostanze si concentrino eccessivamente nel sangue del piccolo, sconvolgendo il suo equilibrio idro-salino.
Il latte vaccino, poi, è ricco di acidi grassi “saturati”, non ideali per la salute e la crescita del piccolo. Le sue proteine, la caseina, la lattoalbumina e la lattoglobulina, sono molecole 40 di grosse dimensioni e difficili da digerire rispetto a quelle del latte materno. Fra l’altro, queste proteine non contengono alcuni aminoacidi, come la taurina, apparentemente indispensabili alla salute del neonato. Infine, in alcuni bambini, il latte vaccino provoca minuscole lesioni della mucosa intestinale, dalle quali si verificano microemorragie che, a lungo andare, portano ad un’anemia da mancanza di ferro.
Le formule
Le formule, pur partendo dal latte vaccino come componente di base, subiscono una serie di modifiche che le avvicinano alla composizione del latte materno. Le proteine infatti sono portate alla concentrazione presente nel latte materno e vengono arricchite con aminoacidi assenti nel latte di mucca e indispensabili al neonato. I grassi saturi del latte vaccino, poi, vengono sostituiti da grassi polinsaturi provenienti da oli leggeri e più adatti all’organismo umano. Infine le formule sono arricchite con vitamine e minerali, in modo da soddisfare ogni esigenza nutritiva del lattante.
Formule in polvere e liquide
Le formule oggi in commercio sono praticamente interscambiabili in quanto si distinguono fra loro per piccole differenze di sapore o per altre caratteristiche marginali. Quasi tutti i prodotti sono sia in polvere da diluire che in forma già liquida. Le formule liquide hanno il vantaggio di essere utilizzabili direttamente, eliminando il tedioso lavoro di preparazione. Inoltre danno la sicurezza di una composizione costante, in quanto la diluizione viene fatta con criteri tecnici esatti. Tuttavia, e qui è l’unico problema delle formule liquide, una volta aperta la bottiglia, il contenuto non può essere conservato come quello di una scatola di polvere. Deve essere invece consumato nel giro di ventiquattrore. Quindi non conviene ricorrere a un latte già pronto nel caso si debbano fare solo delle aggiunte sporadiche che durante l’allattamento al seno.
Le formule II
Dopo i primi quattro, cinque mesi, il rene del bambino diventa capace di eliminare le maggiori quantità di sali e scorie di un latte più concentrato. Così sono state create delle formule leggermente più concentrate di quelle usate dalla nascita, la cui composizione percentuale, lo ribadisco, è copiata dal latte materno. Si tratta delle formule contraddistinte dal numero II, a differenza del numero I assegnato alle formule per i primi mesi.
Le formule II, fra l’altro, sono arricchite di ferro, anche per prevenire il problema dell’anemia da latte vaccino cui ho accennato.
Preparazione della formula
Il modo più sicuro (e anche più comodo) per diluire il latte in polvere è di preparare tutta insieme la quantità che si presume di usare nelle ventiquattrore. Non è vero che ciò possa determinare un deterioramento del prodotto o la sua contaminazione. Anzi, si corre più facilmente il rischio di introdurvi batteri se si prepara un biberon per volta.
Conviene dunque mettere in una brocca graduata il numero di misurini di polvere corrispondente al volume di latte di tutta la giornata. Per esempio, visto che quasi tutte le formule vanno diluite nella proporzione di un misurino ogni 30 cc. di acqua, per preparare mezzo litro di latte si contano 16 misurini di polvere. Poi si divide la miscela in cinque o sei biberon che vanno tenuti in frigorifero e riscaldati in un forno a microonde o in uno scalda biberon al momento dell’uso.
Quanto latte gli diamo?
Anche con il latte artificiale un neonato è in grado di regolarsi spontaneamente e, in particolare, di porsi dei limiti e di mangiare solo quando e quanto gli è necessario. Il senso di sazietà è infatti legato alla quantità di sostanze nutrienti che il piccolo trova nel latte, non importa se materno o artificiale.
Fra l’altro, abbiamo detto che le formule I hanno una composizione simile a quella del latte materno. Perché mai dunque, se il piccolo sa regolarsi con il seno, non saprebbe fare altrettanto col biberon?
Insomma, tutte le volte che il piccolo sembra affamato, bisognerebbe offrirgli un biberon che contenga un piccolo eccesso di latte rispetto a quanto prende di solito in modo che si possa sempre saziare pienamente. D’altra parte è bene non insistere mai, neanche per un secondo, perché il piccolo finisca quell’ultimo dito di latte nel biberon e vedremo presto perché.
Buttare il latte che rimane?
Ma se rimane un po’ di latte nel biberon, bisogna proprio buttarlo come è scritto sempre sulle confezioni, insinuando che può facilmente avariarsi causare infezioni o intossicazioni? Questa insinuazione è assolutamente falsa ed è usata dalle case produttrici di latte artificiale per ovvi motivi commerciali. In verità il latte artificiale, che si tratti di una formula in polvere ricostituita o di una già liquida, si comporta come un latte qualsiasi. Cioè un eventuale residuo può benissimo essere conservato in frigorifero e riscaldato per le poppate successive, anche ventiquattro ore dopo la poppata originale. Non è vero che riscaldarlo più di una volta ne provochi il deterioramento.
D’altra parte, è vero che una formula può essere contaminata da germi patogeni (come la famigerata salmonella) se chi la prepara non prende le necessarie precauzioni. Bisogna tener presente che ognuno di noi può inavvertitamente toccare oggetti, superfici sulle quali un portatore può aver lasciato tracce microscopiche di feci, per esempio non lavando bene le mani dopo essere stato al bagno.
La prima regola igienica per evitare infezioni al nostro pargolo, dunque, è lavare scrupolosamente le mani prima di toccare qualsiasi recipiente che serva per la preparazione del suo latte. E’ perfettamente inutile sterilizzare i biberon, se poi non si obbedisse a questo principio. Vi dirò di più. La sterilizzazione dei recipienti potrebbe anche essere evitata, se si rispettasse rigorosamente questa norma.
Sterilizzazione
Ma come va fatta la sterilizzazione e fino a quando? Sia i bollitori che le soluzioni per la sterilizzazione a freddo sono efficaci e innocui. Perciò la scelta fra i due metodi va fatta in base a criteri di comodità, anche utilizzando alternativamente tutti e due a seconda delle circostanze. La differenza sostanziale fra di loro sta nel fatto che la sterilizzazione a caldo è più complicata ma più rapida, quella a freddo più semplice, ma lenta.
A mio avviso è comunque sufficiente continuare la sterilizzazione fino al terzo mese di vita al massimo. Dopo di che la pulizia dei recipienti e il rispetto dell’igiene di chi prepara il latte sono adeguati per la protezione del piccolo contro la contaminazione da batteri patogeni.
Il latte a temperatura ambiente
Se vogliamo passare buona parte della giornata fuori casa, si pone il problema di quante ore il latte già mescolato può resistere a temperatura ambiente senza avariarsi. La risposta è semplice: ammesso che non sia stato contaminato da qualcuno con germi patogeni, può stare a temperatura ambiente parecchie ore, soprattutto se il clima non è caldo.
Nel peggiore dei casi può inacidirsi e diventare sgradevole, ma non può causare infezioni. Mi è capitato abbastanza spesso di essere chiamato da genitori terrorizzati per aver dato inavvertitamente al loro bimbo del latte inacidito, senza che in nessun caso accadesse alcunché di male. In conclusione, ritengo perfettamente sicuro portarsi dietro un biberon di latte pronto, pieno fino all’orlo e ben sigillato, per parecchie ore e in qualsiasi stagione. In condizioni climatiche particolarmente avverse potremmo invece portarci dietro la polvere e l’acqua calda separatamente, oppure trasportare il latte pronto in una busta termica.
(Testo tratto dal libro “Nutrire tuo Figlio”)
SVEZZAMENTO
SVEZZAMENTO
Svezzamento vuol dire letteralmente l’atto di togliere un vezzo, l’abitudine cioè di succhiare al seno materno o al biberon. Significa cioè in senso più lato disabituarlo al latte, sostituendo a questo gradualmente gli altri alimenti.
Malgrado l’apparente semplicità, lo svezzamento suscita una serie di dubbi e di ansie e quindi anche tensione fra la mamma e il bambino.
Innanzitutto infatti, nell’introdurre nuovi cibi, bisogna fare attenzione alle allergie.
Poi il piccolo non accetta sempre facilmente ciò che gli viene offerto, anzi molto spesso si rifiuta ostinatamente persino di assaggiarlo. Sovente la mamma, preoccupata delle possibili conseguenze che questi rifiuti possono avere sulla sua salute, cerca di indurlo a mangiare con forzature o trucchi.
Io ritengo essenziale invece che lo svezzamento si svolga nel massimo della serenità perché il bambino acquisti un buon rapporto col cibo e cercherò pertanto di fare giustizia di molti pregiudizi e luoghi comuni su questo argomento. Iniziamo subito con uno di essi.
Si può svezzare tardi
La maggior parte della gente crede che i cibi solidi contengano sostanze nutritive essenziali, che il latte da solo non può fornire al bambino. Perciò non vedono l’ora di cominciare lo svezzamento, nella convinzione che così il bambino avrà finalmente un’alimentazione più sostanziosa. Bisogna ricordare invece che il latte è un alimento completo e non deve essere necessariamente integrato con cibi solidi per assicurare una nutrizione soddisfacente. Le ragioni per iniziare lo svezzamento sono diverse:
- Passati i primi quattro-cinque mesi il bambino non ha più bisogno delle notevoli quantità di acqua che il latte gli fornisce insieme alle sostanze nutritive. I suoi reni infatti funzionano meglio e così lui si può permettere di mangiare cibi più concentrati. Con questi ha anche il vantaggio di fare pasti meno frequenti e voluminosi per ottenere le stesse sostanze che gli offre il latte.
2) Gli alimenti solidi inoltre, proprio perché contengono meno acqua, sono meno deperibili del latte e si possono conservare più a lungo alle normali condizioni ambiente.
3) I solidi poi, specialmente quelli di origine vegetale, contengono scorie non digeribili che, in prospettiva, sono importanti per proteggere la salute dell’intestino.
4) Infine i cibi solidi, con i loro sapori diversi, spezzano la monotonia del latte e introducono il bambino all’alimentazione che adotterà per il resto della vita.
Credo sia facile capire perché nessuno dei motivi che ho elencato giustifichi lo scoramento da cui moltissime madri vengono prese se il bambino tarda ad accettare i cibi solidi. Questi alimenti sono sicuramente importanti a lunga scadenza, ma non ha senso temere che il bambino possa soffrire di carenze nutritive se non glieli imponiamo assolutamente entro determinati limiti di tempo.
Non è affatto indispensabile insomma, al contrario di quanto quasi tutti pensano, che un bambino cominci a mangiare dei cibi solidi fra i quattro e i sei mesi. Se lo desiderasse, invece, potrebbe continuare a prendere solo latte anche fino al termine del primo anno, senza pericoli per la sua salute e la sua crescita.
Niente forzature
Ne consegue che, nell’introdurre nuovi cibi non ha alcun senso ricorrere a forzature o a trucchi. L’atteggiamento più opportuno invece sarebbe quello di proporli come un gioco. Se il piccolo li accetta volentieri, appurato che non gli causino allergie, possiamo offrirgliene in quantità crescenti, facendoci guidare dalle sue reazioni.
Appena mostra i primi segni di sazietà, girandosi e chiudendo la bocca di 66 fronte al cucchiaino, non dovremmo mai cedere alla tentazione di fargli svuotare la tazza e neanche di fargli ingoiare un solo cucchiaino in più di quanto fa volentieri.
D’altra parte, se vuole completare il pasto con un biberon di latte, assecondiamolo senza esitazioni, anche se lo reclama mezz’ora o un’ora dopo. Non è vero che questo gli rovini la digestione o gli dilati lo stomaco. Se serra la bocca o sembra disgustato già dai primi assaggi di un certo cibo, meglio smettere subito e lasciar passare almeno una settimana prima di riproporglielo.
Non è affatto un bene aggiungervi dello zucchero o altri dolcificanti per incoraggiare il piccolo a mangiarlo comunque. Nessun cibo è così importante da ricorrere a questo tipo di trucchi che, fra l’altro, incoraggiano cattive abitudini.
Perché un’introduzione graduale
A qualunque età si inizi lo svezzamento, bisogna farlo con gradualità. Bisogna cioè far passare almeno ventiquattrore fra l’introduzione di un cibo e quella di un altro, iniziando sempre con piccole dosi. Ma perché? Prima di tutto si cerca in questo modo di individuare con precisione la causa di eventuali reazioni allergiche. Reazioni che si possono riconoscere, già dopo le prime somministrazioni di un certo alimento, perché si manifestano con vomito, diarrea ed eruzioni cutanee estese a gran parte del corpo.
In secondo luogo la gradualità serve a dare agio al piccolo di capire ed accettare i nuovi sapori senza inutili forzature.
Infine al bambino serve del tempo per imparare a deglutire le prime pappe cremose e in un secondo momento a gestire dei pezzettini sempre più grandi di cibo.
Quando si inizia
Secondo i nutrizionisti, è opportuno iniziare a introdurre i cibi solidi non prima dei cinque, sei mesi, primo perché non è necessario farlo e poi per allontanare il più possibile eventuali reazioni allergiche.
Ma quali cibi introdurre per primi?
Fra i cinque e i sei mesi è tradizione offrire per prima la frutta. Usualmente si parte con questa non perché sia meno rischiosa o più digeribile degli altri cibi, ma perché, essendo più dolce degli altri alimenti, è accettata di solito più volentieri dalla maggioranza dei bambini. E, nell’introduzione dei vari tipi di frutta non esiste un ordine preciso da rispettare.
In particolare, non è vero che la mela debba essere la prima perché più leggera e che la banana sia “pesante”. Da qualsiasi frutto si comincia, si può continuare con tutti gli altri disponibili, nessuno escluso. Possiamo dunque offrire al bambino anche la pesca, i fichi e l’ananas, o persino la papaia o il mango, ammesso che siano ben maturi, puliti e… abbordabili.
Ma non aspettiamoci che la frutta sostituisca un pasto di latte, dato che non contiene proteine, grassi che possano soddisfare le esigenze nutritive del piccolo. Il frullato di frutta costituisce solo un supplemento al pasto, da offrire tra una poppata e l’altra, per fornire un po’ di vitamine, sali minerali e del fruttosio.
La frutta è già dolce perché contiene il suo zucchero naturale e questo dovrebbe bastare. Non è opportuno aggiungervi del saccarosio (lo zucchero da cucina) perché crea un’abitudine al dolce e può provocare problemi in seguito. E siccome agli omogeneizzati di frutta in commercio viene aggiunto spesso una quantità eccessiva di fruttosio (non importa quanto questo sia “naturale”) ritengo sia meglio preparare di solito la frutta fresca e affidarsi ai prodotti già pronti solo di rado.
CRESCITA, GRAFICI DEI PERCENTILI
PIETRE MILIARI FISICHE (MOTORIE) E COGNITIVI E COSA ASPETTARSI
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SCATTI, SCROLLAMENTI, TREMORI INCONSULTI
Se il bambino ha degli scatti, movimenti e tremori inconsulti, ci può far subito pensare che abbia un problema neurologico. Però non sempre è così. E’ normalissimo che un bambino nelle prime settimane di vita compia dei movimenti che sfuggono dal suo controllo e che andranno migliorando e scomparendo con il tempo man mano che aumenterà la sua capacità di controllare neurologicamente il corpo.
Spesso questi movimenti sono accentuati da fastidi, disagi che il bambini possono avere per dei problemi allo stomaco o muscolari.
DORMIRE
Il BAMBINO CHE NON DORME
È quasi sempre il reflusso a causare questo problema
Il bambino che non si addormenta mai facilmente e che si sveglia tante volte durante la notte, riposando poco e facendo riposare male tutta la famiglia, crea a se stesso e agli altri un disagio notevolissimo.
Ricerche recenti
Ricerche recenti hanno dimostrato che, nella maggior parte dei casi, il piccolo che ha questo problema soffre di un disturbo di natura fisica, quasi sempre il reflusso gastro-esofageo.
Leggetevi ciò che ho scritto a proposito dell’argomento nella sezione “Reflusso Gastroesofageo” e accertatevi che il vostro bambino non ne sia affetto. Altre volte il bambino non dorme soltanto perché ha subito un cattivo condizionamento, in parole povere è stato “viziato” perché non gli si è imposto un ritmo giusto al momento opportuno.
Io credo che in questi casi l’uso di medicinali sedativi sia controproducente e ritengo che la soluzione debba essere quella di “ricondizionare” il bambino nella maniera appropriata.
Se avete difficoltà di qualsiasi tipo con il sonno del vostro piccolo credo di potervi dare un aiuto più efficace di quello che avete ricevuto finora.