PROBLEMI DI SALUTE: PRIMI ANNI DI SCUOLA
Nascosto
DIARREA
Sotto i tre anni si può parlare di diarrea se si verificano numerose scariche (più di sei al giorno), generalmente accompagnate da perdita dell’appetito e vomito. Infatti durante i primi tre anni, anche se il bambino ha spesso cinque, sei scariche al giorno, non va curato né con diete né con medicinali.
Dopo i tre anni si può parlare di diarrea anche se le scariche sono meno di cinque o sei al giorno, ma le feci devono essere acquose e non solo un po’ molli. Il bambino che ha davvero la diarrea, poi, presenta spesso anche la febbre e appare “malato”, cioè perde la sua solita vitalità. Che le feci siano gialle, verdi o marroni ha scarsa importanza. Il colore, infatti, dipende dalla quantità della bile che le feci contengono e da come questa viene modificata dai batteri intestinali, il che varia normalmente per motivi fisiologici.
La gastroenterite
Se qualcuno in famiglia ha il vomito o la diarrea, da noi si tende subito ad attribuire la colpa a qualche alimento “pesante”, o a un’intolleranza. Tuttavia, eccetto casi abbastanza insoliti, questi due sintomi sono causati da infezioni dell’apparato digerente di origine virale o batterica. Queste malattie si contraggono per contagio, in vari modi. Il primo è quello della contaminazione dell’ambiente con le feci di un individuo malato. Un adulto o un bambino che hanno un’infezione gastrointestinale e si sporcano accidentalmente le mani, anche con una quantità microscopica di feci, sono dei propagatori perfetti del germe. Succede per esempio negli asili nido dove non 121 venga rispettata un’igiene rigorosa. Per esempio, se un bambino è malato di gastroenterite o anche portatore sano, le persone che lo accudiscono possono contaminarsi facilmente le mani e passare il germe agli altri bambini se non lavano accuratamente le mani dopo il cambio del pannolino.
Un altro esempio è quello del bambino malato che si tocca prima il sederino e poi manipola i giocattoli che verranno successivamente messi in bocca da altri bambini. Una via di contagio piuttosto comune sono gli alimenti contaminati da germi fecali. Ciò può verificarsi durante la preparazione dei cibi da parte di portatori sani che non rispettino le elementari regole igieniche. Anche l’acqua potabile, per fortuna sempre più raramente, può essere contaminata per l’infiltrazione di liquami di fogna negli acquedotti.
Se poi i grossi condotto fognari sboccano in un tratto di mare vicino alla costa e i depuratori che dovrebbero distruggere i batteri “cattivi” non funzionano, la balneazione diventa un rischio serio. I frutti di mare infine sono degli ottimi concentrati di germi delle acque e, se mangiati poco cotti, causano facilmente infezioni gastrointestinali, oltre all’epatite virale.
Come per le infezioni delle vie respiratorie, anche per quelle gastrointestinali bisogna distinguere fra le virali e le batteriche.
I virus della gastroenterite
Durante l’inverno sono molto più comuni le gastroenteriti da virus, causate comunemente dai cosiddetti rotavirus. Come tutti gli appartenenti a tale classe di microorganismi, essi non sono sensibili agli antibiotici o ai sulfamidici o altri “disinfettanti intestinali”, che sono del tutto inutili nel combattere questo tipo di infezioni. Le gastroenteriti virali si manifestano inizialmente con una forte inappetenza e vomito ripetuto, che durano alcune ore, fno a un’intera giornata. Poi, entro le prime ventiquattrore, si fa viva la diarrea con scariche frequenti e acquose, raramente contenenti piccole quantità di sangue. La febbre può essere alta, ma talvolta non si presenta affatto. Dopo i primi due giorni la diarrea si attenua molto per scomparire del tutto entro il quarto, quinto giorno al massimo. Mentre nelle prime fasi della malattia il bambino tende a vomitare tutto ciò che mangia, nel secondo o massimo al terzo giorno è in grado di riprendere a mangiare di tutto. Nei primi due giorni l’intestino infiammato diventa incapace di digerire il lattosio.
le malattie del sistema gastrointestinale cioè lo zucchero naturalmente presente nel latte. Pertanto la somministrazione di latte vaccino in questa fase può accentuare la diarrea. Le infezioni da rotavirus possono provocare disidratazione grave nei lattanti ed è perciò che oggi viene consigliato un vaccino apposito, che si somministra per via orale dal primo mese di vita.
I batteri della gastroenterite
Le gastroenteriti batteriche sono in genere più gravi di quelle virali, a seconda del germe che le produce. In effetti, anche in queste infezioni i sintomi principali sono il vomito e la diarrea, ma il decorso è di solito più lungo che per le forme virali e le condizioni generali del bambino ne soffrono maggiormente.
La Salmonella, per esempio, una famiglia di batterici con vari gradi di pericolosità, dà in genere delle febbri alte, sangue nelle feci e un abbattimento intenso. L’Escherichia Coli Enteropatogenica, da distinguere dell’Escherichia Coli normalmente presente nell’intestino, provoca invece una diarrea acquosa abbondantissima, ma quasi mai febbre o perdite di sangue. Altri batteri meno comuni o rari che causano gastroenteriti sono la Shigella, il Campilobacter, il Vibrione del Colera, la Yersinia, la Klebsiella il Criptosporodium, ecc. In ogni Paese vi è una prevalenza degli uni o degli altri e, soprattutto nei luoghi caldi, esistono numerosi altri germi che possono causare questo tipo di infezione. Diciamo che nel nostro Paese si trovano in prevalenza la Salmonella e l’Escherichia Coli Enteropatogenica, ma anche il Criptosporidium (che è resistente al cloro delle piscine!).
Come abbiamo imparato da cronache non troppo antiche però, anche germi teoricamente scomparsi in Italia, come il vibrione del colera, non sono del tutto sconosciuti! Le gastroenteriti batteriche sono in genere curabili con gli antibiotici, perché i batteri, al contrario dei virus sono sensibili a questi farmaci.
La disidratazione In ambedue le forme di gastroenterite, il pericolo più grave per i bambini è la disidratazione. Se continuano a vomitare oltre la prima giornata e a perdere abbondantemente liquidi con la diarrea, dopo un paio di giorni l’organismo può andare in deficit di fluidi indispensabili. Nei bambini questo rischio è più probabile che negli adulti, per alcune ragioni.
La prima è che i più piccoli hanno bisogno di una quantità di acqua maggiore in quanto il loro corpo è composto di liquidi in una percentuale più alta 123 rispetto agli adulti.
La seconda è che durante la prima infanzia il corpo perde liquidi con maggiore facilità rispetto alle età successive.
Comunque, se il bambino non riesce a sostituire i liquidi che perde nel corso di una gastroenterite bevendo a sufficienza, ad un certo punto manifesta i primi sintomi di disidratazione: fa molta meno pipì del solito e la mucosa della bocca diventa arida, non ha più saliva. Se a questo punto il vomito si interrompe, è ancora possibile curarlo a casa facendogli bere dei liquidi adatti alla reidratazione.
Se invece il vomito e la diarrea continuano, il volume del sangue si riduce rapidamente e la pressione comincia a precipitare. A questo punto, il rene non produce più urina, gli occhi diventano scavati e la mucosa orale appare completamente secca. Ora le condizioni generali sono veramente gravi e in questa fase, solo la somministrazione di liquidi per via endovenosa può invertire la tendenza ed evitare il collasso circolatorio. Infatti il pericolo più grave consiste proprio in un crollo improvviso della pressione del sangue fino allo shock che può essere mortale.
Come curare la gastroenterite
Quando la diarrea e il vomito arrivano, qualunque ne sia la causa, la prima cosa da fare è evitare una perdita eccessiva di liquidi. Così, quando il bambino vomita ripetutamente è bene sospendere la somministrazione di qualsiasi cibo e liquido (anche l’acqua) e mettere l’apparato digerente a riposo per qualche ora.
Appena poi il piccolo malato smette di vomitare, è illogico e dannoso dargli subito da mangiare per timore che si “indebolisca troppo”. È meglio lavorare per sostituire celermente i liquidi perduti, cominciando da almeno un paio d’ore dopo l’ultimo episodio di vomito con piccoli sorsi di acqua leggermente zuccherata.
Se il bambino la trattiene, possiamo offrirgli delle quantità crescenti di una soluzione per la reidratazione da acquistare in farmacia, contenente non solo zucchero, ma anche sali. Bisogna ricordare infatti che nelle gastroenteriti, oltre a prendere acqua, si eliminano sodio e potassio, elementi essenziali per l’organismo.
Queste soluzioni sono necessarie specialmente nei primi mesi di vita, quando la disidratazione è molto più probabile. Nei bambini dopo l’anno, se il vomito e la diarrea sono di breve durata, per questo primo intervento basta anche del tè o della camomilla leggermente zuccherati.
La rialimentazione
Ammesso che il bambino abbia smesso di vomitare e trattenga bene i liquidi, quando si può cominciare a rialimentarlo, senza il rischio di una ricaduta? Le malattie del sistema gastrointestinale.
La diarrea deve essere scomparsa completamente prima di somministrargli dei solidi? Quali sono gli alimenti che possiamo dare per primi? Per quanto riguarda i lattanti che prendono esclusivamente il latte materno, una volta che il vomito è scomparso da almeno tre, quattro ore, si può riattaccarli al seno, anche se la diarrea è intensa.
È bene comunque continuare ad offrire loro una soluzione bilanciata di sali e zuccheri negli intervalli fra le poppate.
Per quelli che invece prendono il latte artificiale e per i più grandini, è meglio prolungare il digiuno di cibi per qualche ora dalla fine del vomito, somministrando solo la soluzione descritta. Se poi tutto va bene, dopo questo digiuno, ai lattanti è meglio ricominciare con un latte privo di lattosio, come una formula a base di soia, da somministrare nelle 24 ore successive.
Per i più grandi, già svezzati, si può ricominciare con tè e biscotti e, se tutto va bene, si può continuare con riso, carne o pollo, uova e pesce bolliti. Naturalmente, dopo il primo intervento “casalingo”, è meglio interpellare il pediatra per descrivergli la situazione.
Una visita è indispensabile per i più piccoli, ma non lo è in caso di infezione virale leggera nei bambini oltre i primi sei mesi. Se l’infezione è batterica un antibiotico o un sulfamidico può essere utile solo se la diarrea è grave ed è accompagnata da febbre e malessere generale persistente, perché anche in questo caso il bambino guarisce di solito spontaneamente.
Gli antidiarroici
Non esistono medicinali “sintomatici” che possono calmare la diarrea dovuta a una gastroenterite. I farmaci a base di racecadotril hanno un’efficacia dubbia e, a mio avviso, non vale la pena di usarli. D’altra parte, i medicinali effettivamente efficaci a mascherare il sintomo della diarrea, come quelli a base di difenoxilato, agiscono paralizzando la muscolatura dell’intestino e nei più piccoli sono molto pericolosi. Possono provocare, infatti, una dilatazione acuta e persino una rottura del colon. L’uso di cibi cosiddetti “astringenti” (cioè il riso, le carote, la farina di carrube ecc.) che vengono tradizionalmente consigliati per la diarrea, non cambia la sostanza delle cose. Nel migliore dei casi, rendono le feci un po’ più compatte, ma non accorciano il decorso della gastroenterite.
COSTIPAZIONE
Questo video ti aiuterà a capire come comportarsi in questi casi.
REFLUSSO
Il cosiddetto reflusso gastro-esofageo è un fenomeno molto frequente nei primi mesi di vita e consiste nel passaggio del contenuto acido dello stomaco verso l’esofago e la bocca in misura molto maggiore di quanto avviene normalmente. Il lattante che soffre di reflusso rigurgita varie volte fra una poppata e l’altra. Spesso ciò accade anche quattro, cinque ore dopo l’ultimo pasto, proprio quando il piccolo appare di nuovo affamato.
Malgrado ciò, sembra stare bene e cresce con regolarità̀. Se il bambino è allattato al seno, ci sarà quasi sicuramente chi attribuirà̀ i sintomi al fatto che la mamma mangia questo o quell’altro cibo e le si consiglia di eliminarlo dalla sua dieta. Siccome però queste misure non portano alcun giovamento, i genitori si preoccupano ancora di più per la persistenza del rigurgito e per il frequente pianto del piccolo e il problema rischia di diventare veramente un assillo.
La verità è che il reflusso gastro-esofageo non si origina dal tipo di latte usato per la sua alimentazione. Dipende invece da un malfunzionamento del cardias, già normalmente un po’ “debole” nei lattanti, che in molti bambini è ancora più incapace di impedire al contenuto gastrico di risalire verso la bocca. Per la maggior parte del tempo, però, il reflusso acido arriva soltanto a metà esofago e poi ritorna nello stomaco. Oppure arriva alla bocca e il piccolo, invece di espellerlo, lo “rumina”, cioè lo rimastica un po’ e poi lo ingoia nuovamente.
Le complicazioni del reflusso
Dal punto di vista della nutrizione, il bambino che soffre di reflusso gastro- esofageo non corre generalmente alcun rischio. Infatti la digestione e l’assorbimento del latte avvengono perfettamente nei piccoli che soffrono di tale disturbo e non impedisce loro di crescere normalmente. I problemi sono altri. Vediamoli.
L’esofagite
Mentre la parete dello stomaco è protetta dall’acido cloridrico prodotto dalla sua mucosa, l’esofago si irrita facilmente al contatto con i succhi gastrici. Se tale contatto avviene con frequenza, come appunto succede nel reflusso gastro-esofageo, l’esofago si infiamma sempre più intensamente e ciò provoca al piccolo un senso di bruciore costante e talvolta degli spasmi dolorosi. Il bambino pertanto piange spesso, come se avesse delle “coliche”, e assume a tratti un’espressione di disgusto, proprio come succede a noi adulti quando sentiamo l’acido salire su dallo stomaco. Inoltre ha il singhiozzo molto spesso, anche dopo ogni poppata. Si dice in questo caso che il piccolo ha un’esofagite. Nei casi più gravi l’infiammazione può approfondirsi nella parete dell’esofago, causandovi un’ulcera, che può lasciare una cicatrice e provocare un restringimento.
Complicazioni respiratorie
Un pericolo serio che corrono i lattanti affetti da reflusso gastro-esofageo è quello dell’inalazione del rigurgito. Infatti il latte inacidito, salendo verso la bocca, può finire nella laringe (che è all’imbocco della trachea) e poi nella trachea stessa e perfino nei bronchi. Se questo accade, il piccolo viene assalito da crisi violente di tosse e può anche sviluppare bronchiti e talvolta polmoniti, che si manifestano con febbre e difficoltà respiratoria. Tuttavia il pericolo più grave che corre un bambino in queste circostanze è la possibilità, fortunatamente molto rara, di un arresto della respirazione. Questo si verifica a volte per un riflesso che si può scatenare in un lattante quando un corpo estraneo, anche piccolo, entra nella trachea. Generalmente però, il rigurgito arriva solo nella laringe e causa una tossetta stizzosa che può persistere a lungo nei bambini affetti da reflusso, che finiscono per essere erroneamente dichiarati “allergici” a causa di questo sintomo.
Come si cura il reflusso gastro-esofageo
Fare la diagnosi di reflusso gastro-esofageo per un pediatra non dovrebbe essere molto difficile, perché i sintomi sono di solito molto eloquenti di per sé. Contrariamente a quanto molti miei colleghi e specialisti affermano, una lunga esperienza mi ha insegnato che solo di rado è necessario usare mezzi come l’ecografia o la phmetria. Basta mettere insieme i sintomi che ho descritto e valutare la sofferenza che il bambino sembra esprimere, per fare non solo la diagnosi, ma avere una buona idea della serietà̀ del disturbo e decidere la terapia.
Questa consiste in tre misure terapeutiche, tutte essenziali per la riuscita:
- Se il bambino è ancora allattato al seno, sarebbe bene continuare questo tipo di allattamento esclusivamente il più a lungo possibile, perché il latte materno si acidifica meno e, quando torna su verso l’esofago, ha effetti molto meno dannosi del latte artificiale.
- Se invece il piccolo è alimentato con latte artificiale, offrire al piccolo prevalentemente cibi solidi. Il latte stesso deve essere addensato molto, fino alla consistenza di uno yogurt con crema di riso o di mais e tapioca. È più difficile infatti che dei cibi solidi risalgano liberamente dallo stomaco verso l’esofago, come succede al latte liquido.
- Somministrazione di un antiacido contenente idrossido d’alluminio e magnesio (magaldrato) per tutto il tempo che sembra necessario, anche per molti mesi. Nei casi più refrattari a questi farmaci si può aggiungere un “inibitore di pompa protonica” come il lanzoprazolo.
Usualmente queste cure sono molto efficaci e riducono la frequenza dei rigurgiti e, soprattutto, il dolore e i rischi di inalazione. Il disturbo ha comunque un’evoluzione spontanea e guarisce usualmente entro i primi due anni di vita.
(Estratto da: Curare tuo figlio)
TIC NERVOSI
Uno dei fenomeni che possono preoccupare molto i genitori sono dei movimenti insensati delle braccia, della faccia o di tutto il tronco, che molti bambini dai 2-3 anni in su, compiono e che si chiamano TIC NERVOSI.
Sono molto diversi da altri fenomeni che invece sono accompagnati dalla totale perdita di coscienza o da movimenti di tutto il corpo che sono invece LE CONVULSIONI.
Le convulsioni avvengono invece con uno scuotimento di tutto il corpo di una persona completamente inconscia che cade inconsapevolmente a terra.
Se il bambino presenta i sintomi di una convulsione, bisogna portarlo immediatamente a fare una visita dal neurologo
Diversi sono i tic nervosi che si differenziano in quanto sono dei movimenti singoli a scatto delle mani, del braccio, della testa, degli occhi o della bocca che effettua il bambino che è completamente sveglio (anche se distratto), ma che non hanno nessuna giustificazione logica.
Questi movimenti non hanno nessuna conseguenza e non provocano nessun danno ai bambini, sono solo movimenti strani, inaspettati, che sembrano senza senso e che però preoccupano i genitori perché possono sembrare i sintomi di un problema neurologico.
Questa è la ragione per cui questi problemi vengono portati all’attenzione di un pediatra.
I tic nervosi non sono una malattia neurologica, in quanto non sono originati da un danno del sistema nervoso, sono dei movimenti che non hanno nessun significato patologico ma sono invece di origine temperamentale. Derivano dal temperamento più eccitabile, più teso, più nervoso dei bambini.
Possono essere più o meno antiestetici ed essere causa di derisione dei bambini e per questo colpiscono i genitori che sono terrorizzati dall’idea che siano provocati da un danno del sistema nervoso del bambino e quindi tendono a cercare di bloccarli, di chiedere al bambino di non farli e a perseguitarli. Il bambino che non ha nessuna voglia di fare questi movimenti li fa inizialmente inconsapevolmente, ma non inconsciamente.
Ad un certo punto il bambino diventa consapevole di questi scatti in quanto sono i genitori a farglielo notare. Il bambino però non ha né voglia, né una motivazione troppo efficace di smettere di compierli e quindi non esiste un modo rapido e un modo di convincerlo a smettere.
Purtroppo tutto questo diventa un problema psicosociale e mette in imbarazzo i genitori, e qualunque sforzo loro facciano non ha un effetto immediato sui bambini. E’ più facile che il bambino mano a mano che cresce, in un arco di tempo assolutamente imprevedibile, che può andare da 1 anno, 3 anni e anche 10 smette all’improvviso di farlo.
Tanto più quanto il tic è evidente tanto più il bambino si motiverà sempre di più a smettere di compierlo.