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Spero possa essere risolutivo per i tanti bambini che soffrono di questo disturbo e non vengono capiti e curati… Buona lettura!

 

Ci si potrebbe domandare come mai, fra le tante malattie di cui un pediatra potrebbe parlare, io abbia scelto di scrivere un manuale sul reflusso gastro-esofageo. Ho delle buone ragioni e cercherò di spiegarvele.

Innanzitutto il reflusso gastro-esofageo è uno dei disturbi più comuni negli esseri umani. Già soltanto per questo, dunque, un libro che aiuti la gente a individuarlo e a curarlo mi sembra più che opportuno. Inoltre, avendo vissuto in prima persona i disagi di chi ha un bambino affetto da questo problema, mi è venuto istintivo mettere in guardia gli altri genitori dal commettere gli stessi sbagli che, ignaro, commisi io a mia volta.

Negli anni settanta, quando la mia secondogenita cominciò a soffrirne, il reflusso gastroesofageo era un argomento quasi sconosciuto e io non riuscii a fare nulla per lenire le sue sofferenze. Ma l’esperienza mi fu molto utile, perché mi permise di fare osservazioni dirette che altrimenti mi sarebbero sfuggite e che mi sono state utilissime nel capire e curare mille altri bambini. Soprattutto mi fece realizzare una cosa fondamentale. Il reflusso gastro-esofageo non è quasi mai una malattia che presenta rischi seri per la salute e la crescita del bambino. Costituisce piuttosto un disagio, un tormento, che per la sua intensità e persistenza, e per tutte le implicazioni emotive che ne derivano, può peggiorare nettamente la qualità di vita del bambino e della famiglia. E, seguendo i miei piccoli pazienti fino all’età adulta, mi sono reso conto di come questo disturbo continui a influire sulla loro vita ed abbia riflessi notevoli sul sonno e sull’umore, fino a provocare conseguenze importanti sul vissuto quotidiano.

Ecco perché credo sia sempre opportuno individuare e curare al più presto questo disturbo, non importa se il bambino che ne soffre appaia ben nutrito e in buona salute. E l’esperienza mi ha insegnato che per la diagnosi non è quasi mai necessario ricorrere ad esami invasivi, come la phmetria e l’esofagoscopia, perché la storia e i sintomi, valutati attraverso un questionario, aiutano a stabilire la diagnosi con ragionevole certezza nella grande maggioranza dei casi.

Infine, trentacinque anni di lavoro con persone affette da reflusso mi hanno permesso di sviluppare un metodo per curarlo che, di solito, funziona decisamente meglio rispetto a quelli adottati dai miei colleghi. E l’esperienza personale mi ha dato la capacità di accogliere con empatia la sofferenza delle famiglie colpite da questo problema, che si sentono spesso isolate e incomprese ed hanno bisogno non solo di cure ma, forse anche di più, di un orecchio amico e accogliente.

Roberto Albani